Lo schwa o la schwa? Cosa può esistere di più evanescente di un’entità che vorrebbe essere la chiave del superamento del binarismo maschio/femmina ed è essa stessa priva di genere? Per questo ho deciso di limitarmi a “schwa”, senza articolo, come fosse un nome proprio. Schwa, in italiano scevà . Non potrebbe credibilmente essere il nome di una qualche divinità Indù? E siamo infatti, in un certo senso, di fronte a una divinità: qualcosa che esiste solo per chi ci crede e ci si riconosce.
Schwa bocciato dall’alto, dall’Accademia della Crusca, schwa ignorato dal basso: negli uffici, nei negozi, nei bar il suo uso, che dovrebbe essere quello che spontaneamente modifica una lingua, è stato detto più volte, è completamente inesistente. La maggior parte della gente non ha idea di cosa sia, qualcuno ne ha orecchiato il nome. Chi si confonde con shoah, chi con sharia. Perché quindi ci si ostina a rintuzzare la lotta, invece di porre la definitiva pietra tombale su questo tentativo fallito?
Mentre i linguisti si accapigliano e nascono improbabili petizioni contro qualcosa di già per sua natura improbabile, una cosa sola è evidente: non parleremo mai così. Nessuno, nemmeno chi se ne fa portabandiera, nemmeno chi scrive articoli con più asterischi di un programma in python, nemmeno chi propone in alternativa la desinenza u che ci renderà tutti sardi, nemmeno chi una notte si svegliò in un letto madido di sudore dopo aver sognato la lettera rovesciata gridando “si può fare!”. Nessuno, nemmeno loro, crede o ha mai creduto anche solo per un attimo che un giorno parleremo così.
E non soltanto perché la struttura della lingua italiana non lo consente, non soltanto perché articoli, pronomi, participi si perderebbero per strada, non soltanto perché renderebbe la vita ancora più difficile ai dislessici o perché il suono, a metà tra il rutto e quel verso che si faceva a scuola quando non si sapeva la risposta, ci farebbe sembrare tutti ancora più stupidi di quel che siamo, ma soprattutto, non parleremo mai così perché a nessuno interessa davvero parlare così. Interessa, invece, che schwa porta soldi. Soldi messi in movimento da libri, conferenze, dibattiti, visualizzazioni, like. Soldi e forse, se tutto va bene, anche potere.
Schwa non è né più né meno che un’emoticon, esattamente come il sorriso o il cuoricino o il diavoletto. Solo che in più ha dentro l’ideologia. Un ideologicon, se proprio vogliamo inventarci un altro (brutto) nome. Quindi più che sui testi scritti, in cui pure a volte compare, usato in modo per lo più sbagliato, approssimato, gratuito – si legge in giro persino tavolƏ e sediƏ, una barbarie – sarà probabile trovarlo sulle magliette, al posto del faccione, ormai passato di moda, di Che Guevara (che ora sappiamo pure essere stato un omofobo), sui cappellini, nelle spillette, nei tatuaggi. Un logo. Un gadget. Accadrà presto. Saranno soldi.
Già lo vediamo comparire in qualche intestazione di mail, car*tutt* o carƏ tuttƏ. Mai nel testo intero, lo renderebbe illeggibile e lo sappiamo bene, ma non importa, perché è come quando al ristorante si tira fuori il portafoglio per rimetterlo subito in tasca, ben sapendo che tanto pagherà qualcun altro: basta il gesto. Così qua e là lo si potrà trovare, e sarà comunque un piccolo disagio per il cervello, che però sta già imparando a ignorarlo, a bypassarlo, a leggere il testo come se non ci fosse, e se ci si dovesse trovare nella disgrazia di una lettura ad alta voce – ci sono già stati esempi grotteschi – c’è sempre chi è disposto a immolarsi al ridicolo per la causa. D’altra parte, non sarà certo l’unico lavoro ridicolo fatto per soldi.
Perché schwa, l’emoticon ideologico, non è tanto un suono o una vocale. E’ prima di tutto un simbolo di appartenenza, e senza appartenenza non c’è potere. Usi schwa, anche a sproposito, anche solo di striscio? Sei con noi. Sei progressista, inclusivo, proiettato nel futuro. Sei un buono. Se no, sei cattivo. O nella migliore delle ipotesi un boomer legato al passato, a un mondo che non c’è più. Ma attenzione, ormai vale anche al contrario, vale anche per i detrattori. Anche a chi organizza proteste e petizioni, non interessa nulla di schwa, così evidentemente destinato al fallimento. Nessuno lo teme davvero. Ma cosa c’è di meglio che un nemico già sconfitto, per proporsi come detentori di antichi valori morali e paladini della bellezza della lingua?
Schwa non esiste, non ha consistenza, è un fuoco fatuo. Ignoriamolo e sparirà. E invece, mentre alcuni ci vogliono convincere che schwa è importante perché il linguaggio forma il pensiero – e poco importa che pur se nel latino c’era il neutro, la storia non riporta di donne e transessuali in posizioni di potere nell’antica Roma, e in Grecia c’era il duale, eppure non risulta che amicizie e matrimoni fossero più solidi – stiamo familiarizzando con questo nuovo concetto di fluidità, e in tanti cercano il modo per definirsi fluidi, pur senza esserlo.
Perché appartenere a qualcosa fa sentire bene. Meno soli. E non parlo di chi vive realmente la disforia di genere, che è una cosa su cui non c’è nulla da ridere, ma di uomini e donne che si dichiarano fluidi in quanto semplicemente sono omosessuali o bisessuali oppure escono dalle convenzioni del vestiario e dei ruoli sociali tradizionali. Un ragazzo forse non è maschio perché si mette lo smalto e si commuove davanti a una commedia romantica? E una ragazza non è femmina perché ha i capelli corti e fa un lavoro tradizionalmente maschile? Vecchi luoghi comuni, che tornano alla ribalta sotto falso nome, con nuove sembianze.
Anche per questo lo sappiamo tutti, che Schwa, e gli asterischi, e la u, non li useremo mai. Perché l’idea che c’è sotto è del tutto innocua proprio in quanto irrealizzabile: eliminare il maschile e il femminile dal mondo. Sì, perché con schwa si diventa tutti neutri, non solo chi realmente si sente tale. E’ un segno antidiscriminatorio che discrimina di fatto l’intera realtà. Sentirsi maschio, sentirsi femmina. Non risiede in una vocale, non è una gonna o uno smalto, nemmeno un orientamento sessuale. Qualcuno pensa davvero che si possa eliminare dal linguaggio qualcosa di così profondo e arcaico come il maschile e il femminile? Quindi è evidente che nessuno crede davvero che parleremo così, e chi dovesse crederci, forse è un ingenuo che è stato ingannato. Da chi con schwa ci fa i soldi, e il potere. O almeno ci sta provando.
Vi ricordate “petaloso”? La parola che un allievo fantasioso e una maestra zelante volevano far entrare nell’uso comune con il significato di “fiore dai molti petali”? Ci è entrato, alla fine, nell’uso comune, ma con un significato completamente diverso. Con il significato per lo più politico e antiprogressista di ipocrita, buonista, fintamente inclusivo. Perché dei fiori con molti petali, così come di schwa, non frega niente a nessuno. Della politica e del potere invece sì, importa a tuttƏ.
Viviana Viviani
Fonte: https://www.pangea.news/schwa-riflessione-emoticon-inutile-viviana-viviani/