Sono mesi che non riesco a scrivere una fiaba, da quando ho consegnato l’ultimo libro alla mia casa editrice (forse era febbraio). La situazione che si è venuta a creare – o meglio che una ristretta oligarchia di uomini ha creato – ha come svuotato la pelle della mia anima a furia di osservare l’incessante e diabolico terremoto della paura scagliato verso il popolo degli uomini. Solo alcuni individui che conservano ancora l’appartenenza ad una ‘razza in via di estinzione’, si stupiscono, si agitano, reagiscono, si rifiutano di sottomettersi e magari si mettono in viaggio, come l’eroe della fiaba, quando la situazione dell’esistere diventa inaccettabile.
È risaputo che la storia è stata sempre scritta dai vincitori, da coloro che l’hanno progettata, condotta, rivelata e raccontata con qualche ricamo in loro favore. Ed è anche noto - e ce lo hanno svelato i Fratelli Grimm - che le fiabe sono state quell’altro racconto della storia dalla parte dei vinti, degli offesi, dei vilipesi, dei sacrificati, dei massacrati, degli assassinati.
Ci sono nella fiaba i tre valori fondamentali della Rivoluzione Francese, la fraternità, l’uguaglianza, la libertà, come afferma l’antropologa Laura Marchetti nei suoi libri. Come vengono declinati oggi questi valori politici della fiaba?
La fratellanza: vi pare che questo valore esista ancora nel nostro sistema politico che pone i cittadini gli uni contro gli altri e ne discrimina una parte in favore di un’altra - che comunque non si rende nemmeno conto di essere a sua volta discriminata rispetto ai potenti-? Non esiste nemmeno nei vecchi valori cristiani che sono morti e sepolti con la nuova narrativa dell’ultimo Papa, seppur nell’ipocrisia di proteggere gli stranieri convocati nel nostro Paese per essere i nuovi schiavi, sottopagati e sfruttati.
L’uguaglianza di tutti rispetto alla legge dello Stato e alla legge di Dio sembra essere il ricordo di un passato lontano di democrazia.
La libertà - parola ormai abusata, anche per indicare il contrario - si confonde con l’adorazione di oggetti o sostanze miracolose che hanno il potere di Dio, miscele create in laboratorio con un mix di elementi talmente efficaci da poter risolvere ogni problema di salute di tutta l’umanità.
Cosa ci è rimasto?
Il popolo dei dissenzienti, degli emarginati, dei discriminati, dei depredati, derisi, torturati e massacrati, minacciati e obbligati. Il piccolo popolo degli storpi, zoppi, muti, sordi e ciechi! Il popolo dei diversi, che arrancano dietro a un sistema che non ascolta, resi muti dalla censura, sordi al suono del pifferaio della propaganda, ciechi alla visione di un mondo di cyborg senza più sensibilità ed emozioni.
Tra di loro, poveri e soli, la solidarietà arricchisce ogni cuore. La fratellanza regna sovrana, l’intellettuale e il portuale hanno la stessa dignità, vivificando il principio di uguaglianza e la libertà è quella interiore che ogni essere divino possiede dentro di sé.
A questo proposito è interessante interpellare Paola Biato, counselor simbolico-narrativa, ideatrice del metodo Metafiabe®.
Senza dubbio la fiaba Il pifferaio magico è quella che mi sembra rappresentare al meglio la realtà attuale. Ricordiamo che in questa fiaba il paese di Hamelin fu invaso dai topi. Sappiamo che i ratti sono portatori di malattie, ma a livello simbolico rappresentano qualcosa di infestante, strisciante, connesso con i pensieri sgradevoli, con segreti nascosti e sensi di colpa che si diffondono come un’epidemia tra la gente. Non è un caso che il paese sia invaso da qualcosa: oggi, quello che tu chiami Vaurus Corona, non è solo un terribile malanno, ma anche una narrazione catastrofica, che invade la vita di paura. Inoltre, come hai sottolineato tu stessa, questa fiaba racconta un fatto reale, qualcosa che è accaduto davvero nel paese di Hamelin, quindi un fatto storico narrato a livello simbolico dalla creatività del popolo.
È interessante, inoltre, che in quei cittadini che si riunirono in piazza per chiedere a gran voce al sindaco una soluzione, sia simbolicamente rappresentato un ‘condominio di personaggi interiori’ che emergono dall’inconscio nei momenti di paura, trasformazione, necessità, quando il nostro sindaco interno non ha ancora chiaro cosa fare.
Alla sua porta, un giorno, bussò un buffo personaggio vestito da giullare, con un mantello di due colori diversi. Egli promise che avrebbe disinfestato la città grazie alla musica del suo flauto, che era in grado di condurre con sé oggetti, animali e uomini.
In realtà nel mondo interiore della fiaba, il giullare rappresenta l’intuizione, l’idea analogica, il giullare nelle corti era uno dei consiglieri del re, poiché era l’unico che aveva il permesso di dire la verità… In questo momento attuale, semmai, è uno dei tanti dediti alla menzogna, ma nel mondo interiore la soluzione si trova proprio nella scoperta della verità…
Quando qualcosa si sclerotizza, dal nostro profondo Sé superiore, emergono le cellule immaginali che conferiscono una nuova forza, capace di affrontare il male e di renderlo innocuo. La musica è uno dei canali privilegiati per aprire le porte alle soluzioni creative. Essa, infatti, innesca dentro di noi le aree del cervello intuitivo, quelle che nei bambini sono molto più "attive" rispetto agli adulti infarciti di nozioni, idee e idealismi. Quello della musica è un potere così magico, che a volte ci cura spontaneamente, liberandoci dai pensieri più "deformi", come i topi che infestano il paese di Hamelin nel racconto del pifferaio magico...
Ma c’è sempre un prezzo da pagare, la nostra psiche-pifferaio-magico chiede qualcosa in cambio, forse la rinuncia a qualche nostro vizio, o a qualche comportamento inutile e dannoso! In effetti il Vaurus porta sempre qualcosa di positivo, una nuova consapevolezza, prende coscienza di una realtà stregata che è necessario guarire, prima che fuori, dentro. Qual è questo costo da sostenere?
Il sindaco accettò, promettendogli una ricompensa di 1000 monete d’oro. Allora il pifferaio cominciò a suonare una dolce melodia. Subito si formò una lunga fila di topi, che cominciò a seguirlo. Continuando a suonare, l'uomo attraversò la città e arrivò al fiume. Giunto alla riva, si fermò e lasciò che i topi si gettassero in acqua.
Il pifferaio con la sua melodia fa un incantesimo: l’etimologia della parola ‘in-canto deriva’ dal latino “cantare in occasione di”, “recitare formule magiche, consacrare con incantesimi”. Qualcuno invece identifica il pifferaio come il diavolo che spesso è associato al suono del flauto, ripreso dai riti pagani legati a Fauno.
La città così fu completamente liberata. Il pifferaio andò dal sindaco a chiedere il compenso, ma questi finse di non conoscerlo. Si racconta che gli abitanti di Hamelin fossero molto avari. E qui ci ricolleghiamo allo sporco, ai ratti, alla peste. Qual era la vera peste che aveva colpito il paese? E il nostro Paese, e a livello globale?
Forse il de-mon-io, denaro, moneta, ego? È una pandemia dell’avarizia anche la nostra? L’avarizia dei potenti che accumulano ricchezza cercando di sottrarla sempre di più al popolo o anche l’avarizia di amore, cioè ricchezza interiore, che sembra essere scomparsa nella maggior parte della popolazione? Il pifferaio è un discorso interiore, il prezzo da pagare è la scelta, quella più comoda di non saldare il conto della propria coscienza e continuare a farsi dettare regole dall’alto, facendosi ancora invadere dai topi, oppure quella autodeterminante di investire nella propria consapevolezza, di approfittare dell’occasione per una crescita evolutiva, di sfruttare l’ostacolo per attraversare l’oltre.
Il pifferaio, vedendo che i cittadini non ne riconoscono la potenzialità e non vogliono pagare alcun prezzo, andò in piazza e cominciò a suonare un'altra melodia e tutti i bambini di Hamelin lo seguirono, fino a una grande montagna.
Cosa rappresenta questa grande montagna? Gli uomini che il pifferaio ha cercato di liberare sono come bambini che si lasciano guidare dalla propria coscienza verso l’ignoto? Sono fiduciosi di un bene maggiore e finalmente liberano se stessi accettando di vivere l’oltre? Oppure sono ancora legati come infanti ad un Potere esterno che li spinge inconsapevoli verso il baratro?
Esistono 3 versioni sul finale della fiaba.
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I bambini caddero nel fiume o in un precipizio, forse una metafora della morte di bambini deceduti per la peste?
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Morirono tutti i 130 bambini, tranne 3…(Grimm) Potrebbe essere la storia vera di sparizioni di bambini. In Canada, per esempio, è stata ritrovata una fossa comune in un istituto religioso. Oggi questi segreti potrebbero essere connessi con i fatti accaduti ai bambini di Bibbiano. Oppure si potrebbe rammentare quel fatto successo nel 1933 noto come “la strage di Gruaro”: 254 bambini, di età compresa dai 13 mesi agli 8 anni, sottoposti a vaccinazione obbligatoria vennero inoculati con un vaccino sperimentale per la difterite dopo il quale si sentirono male e 28 di loro morirono in seguito a una paralisi.
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Videro la montagna aprirsi e richiudersi dietro il pifferaio e i bambini. E in questo ultimo finale la causa è nel futuro.
Con il significato di un nuovo inizio, di una chiamata per la creazione di un mondo nuovo. Mi piace il senso che gli attribuiscono i Led Zeppelin a questa fiaba nel loro celebre Scala per il Paradiso (Stairway to Heaven).
E si mormora che presto se noi tutti avessimo ferma volontà, allora il Pifferaio ci condurrà alla felicità.
E sorgerà un nuovo giorno per coloro che da tanto aspettano, e le foreste echeggeranno di risate…
…Il Pifferaio ti chiama per unirti a lui…
…E se si ascolta con molta attenzione, la melodia alla fine ti raggiungerà, quando tutti sono uno e uno è tutti, per essere saldi come roccia e non rotolare via…
In un certo senso, è così. Ma c’è anche chi come Edoardo Bennato ha utilizzato le fiabe nelle sue canzoni per ironizzare sulla realtà che ci circonda, per descrivere le nostre schizofrenie.
Egli, oltre Pinocchio e Peter Pan, cita proprio la fiaba del Pifferaio, il quale riesce con la musica a liberare il paese dai topi. Eppure non viene pagato e nemmeno considerato un professionista serio, semmai una sorta di saltimbanco. Cosicché, rendendosi conto che la situazione è talmente degenerata da essere insanabile, decide per lo meno di salvare i bambini. In questo senso il pifferaio salva la parte integra di noi stessi, la parte bambina, ancora spontanea e inalterata dalla degenerazione e dal caos.
“In momenti come questi, in cui le storie, le fiabe, i miti diventano veri capolavori, delle opere d'arte, si crea un collegamento reale, non solo immaginario: un ponte” afferma Roberta Schembri. Qual è il ponte che unisce i due mondi, quello invisibile e visibile? Dell’Io e dell’Anima? Le fiabe, gli archetipi, i miti.
Le fiabe, i miti, la poesia erano, anticamente, in grado di operare una metamorfosi sul reale, di intervenire sulla creazione. Sapevano davvero collegare i mondi consci con quelli inconsci, la realtà tangibile con quella intangibile, rappresentavano una connessione profonda tra il mondo visibile e quello sotterraneo. Per questo le hanno sepolte. Per questo le riportiamo in vita. Per questo quando inventiamo una nuova fiaba, la nostra fiaba-biografia, da quel momento comincia ad esistere.
Possiamo parlare anche a livello fisico di cellule immaginali. I biologi ci spiegano, per esempio, che nei tessuti del bruco ci sono delle cellule definite “immaginali”. Esse risuonano di una diversa frequenza e sono così diverse dalle altre cellule del bruco che il suo sistema immunitario pensa che siano nemiche e le elimina. Ma queste nuove cellule immaginali continuano a comparire, sempre più numerose, fino al punto in cui il sistema immunitario del bruco non ce la fa più a tenere il passo; così diventano più forti e iniziano a connettersi, fino a formare una massa critica che porta a termine la loro missione: la nascita di una farfalla.
Questo è un tempo di risveglio. Gruppi di cellule immaginali si stanno radunando ovunque; iniziano a riconoscersi; sviluppano gli strumenti orchestrali per promuovere la comunicazione reciproca, utilizzano l’arte, la poesia, la bellezza, per immaginare e creare una nuova umanità, una nuova dimensione di vita, un nuovo mondo.
Le cellule immaginali sono portatrici di una meravigliosa aurora, della magica parola, del mistico fuoco, della dionisiaca coppa della gioia.
L'amore non è un sentimento sdolcinato e melenso, bensì la colla vibrazionale che aiuterà a realizzare la nuova creatura volante: la farfalla-anima.
Patrizia Boi
Sono una Cantastorie, una Scrittrice Scrivente ma anche una Scrittrice Parlante, eppure per anni sono stata impiegata in una importante Società di Servizi dove svolgevo un ruolo tecnico e di responsabilità. Tra le impenetrabili pareti di quella Fortezza buzzatiana, ho appreso tante cose, ma, al di là dei miei impegni ingegneristici, ambientali e creativi, ho imparato a osservare il contesto e mi sono stupita della Burocrazia.
I primi personaggi che hanno calcato le mie Storie, infatti, sono nati da questo stupore, come direbbe Pirandello, erano Personaggi in cerca d’Autore. Sono convinta che non inventiamo mai nulla, ma c’è nelle persone, nelle cose, nei luoghi, qualcosa di già scritto che possiamo riuscire a vedere.
La lettura del mondo mi ha spinto sempre di più nella direzione della Letteratura, delle Discipline Olistiche e del Mondo Incantato. A settembre, infatti, ho scelto di andare in pensione dal lavoro di Funzionario per occuparmi soltanto della mia grande passione, le Fiabe.