Nulla ripugnava maggiormente a Pietro Monatti che una condotta ispirata ai calcoli, agli impulsi e a tutte le altre arbitrarie giustificazioni dell'amor proprio. Oltre che da un disprezzo istintivo per le angustie e per le meschinità dell'egoismo, oltre che da un'ammirazione non meno istintiva per le azioni e i propositi generosi, l'odio per tutte le forme che suole rivestire l'amore di sé e specialmente quelle dell'ambizione, della prepotenza e dell'interesse gli era stato riconfermato da certe sfortunate esperienze della sua prima giovinezza. Per mezzo di quelle esperienze, Pietro era infatti arrivato alla convinzione di possedere una coscienza tanto scomoda e rigorosa da non potere andare fino in fondo né trarre alcun vantaggio da quelle azioni nelle quali si fosse lasciato guidare dal solo tornaconto; e a differenza della maggior parte degli uomini, i quali – egoisti per natura – non sanno comportarsi generosamente che per forza di calcolo e di volontà, di essere invece naturalmente portato al disinteresse, alla lealtà, all'altruismo, e a tutte le altre virtù umane.
Questa scoperta era stata la conclusione di una lunga crisi, e, fatto anche più notevole, il principio di una serie di fortune. Giacché messosi d'accordo con se stesso e riordinata la propria vita secondo i concetti che gli parevan più rispondenti alla vera conformazione del suo carattere, Pietro aveva finalmente conosciuto quella tranquillità dell'animo senza la quale non sono possibili gli sviluppi del lavoro e i fruttuosi rapporti col mondo.
LE AMBIZIONI SBAGLIATE - ALBERTO MORAVIA - INCIPIT
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