Una civiltà nasce nel punto in cui una grande anima si desta dallo stato della psichicità primordiale di una umanità eternamente giovane e si distacca, forma dall'informe, realtà limitata e peritura di fronte allo sconfinato e al perenne.
Essa fiorisce sul suolo di un paesaggio esattamente delimitabile, al quale resta radicata come una pianta.
Una civiltà muore quando la sua anima ha realizzato la somma delle sue possibilità sotto specie di popoli, lingue, forme di fede, arti Stati, scienze; essa allora si riconfonde con l'elemento animico primordiale.
Ma finché essa vive, la sua esistenza nella successione delle grandi epoche, che contrassegnano con tratti decisi la sua progressiva realizzazione, è una lotta intima e appassionata per l'affermazione dell'idea contro le potenze del caos all'esterno, così come contro l'inconscio all'interno, ove tali potenze si ritirano irate. Non è solo l'artista a lottare contro la resistenza della materia e contro ciò che in lui vuol negare l'idea.
Ogni civiltà sta in un rapporto profondamente simbolico e quasi mistico con l'esteso, con lo spazio in cui e attraverso cui essa intende realizzarsi. Una volta che lo scopo è raggiunto e che l'idea è esteriormente realizzata nella pienezza di tutte le sue interne possibilità, la civiltà d'un tratto s'irrigidisce, muore, il suo sangue scorre via, le sue forze sono spezzate, essa diviene civilizzazione. Ecco quel che noi sentiamo e intendiamo nelle parole egizianismo, bizantinismo, mandarinismo.
Così essa, gigantesco albero disseccato di una foresta vergine, ancor per secoli e per millenni può protendere le sue ramificazioni marcite.
Lo vediamo in Cina, in India, nel mondo dell'Islam. Così la civilizzazione antica del periodo imperiale giganteggiò in apparenza di forza giovanile e di pienezza, togliendo luce e aria alla giovane civiltà araba d'Oriente. Questo è il senso di ogni tramonto nella storia, il senso del compimento interno ed esterno, dell'esaurimento che attende ogni civiltà vivente.
Di tali tramonti, quello dai tratti più distinti, il «tramonto del mondo antico», lo abbiamo dinanzi agli occhi, mentre già oggi cominciamo a sentire in noi e intorno a noi i primi sintomi di un fenomeno del tutto simile quanto a decorso e a durata, il quale si manifesterà nei primi secoli del prossimo millennio, il «
Tramonto dell'Occidente».