... Il primo studio dell’uomo che voglia esser poeta è la sua propria conoscenza, intera; egli cerca la sua anima, l’indaga, la scruta, l’impara. Appena la sa, deve coltivarla; la cosa sembra semplice: in ogni cervello si compie uno sviluppo naturale; tanti egoisti si proclamano autori; ce ne sono molti altri che si attribuiscono il loro progresso intellettuale! – Ma si tratta di rendere l’anima mostruosa: come i comprachicos , insomma! Immagini un uomo che si pianti verruche sul viso e le coltivi.
Io dico che bisogna esser veggente, farsi veggente.
Il Poeta si fa veggente mediante un lungo, immenso e ragionato sregolamento di tutti i sensi. Tutte le forme d’amore, di sofferenza, di pazzia; cerca egli stesso, esaurisce in sé tutti i veleni, per non conservarne che la quintessenza. Ineffabile tortura nella quale ha bisogno di tutta la fede, di tutta la forza sovrumana, nella quale diventa fra tutti il grande infermo, il grande criminale, il grande maledetto, – e il sommo Sapiente! – Egli giunge infatti all’ignoto! Poiché ha coltivato la sua anima, già ricca, più di qualsiasi altro! Egli giunge all’ignoto, e quand’anche, sbigottito, finisse col perdere l’intelligenza delle proprie visioni, le avrebbe pur viste! Che crepi nel suo balzo attraverso le cose inaudite e innominabili: verranno altri orribili lavoratori; cominceranno dagli orizzonti sui quali l’altro si è abbattuto! ...
" LA LETTERA DEL VEGGENTE " - STRALCIO. ARTHUR RIMBAUD
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