I rituali delle antiche scuole misteriche e alcune liturgie moderne hanno un proposito comune: preservare, per mezzo di drammi simbolici e processuali, alcuni procedimenti segreti, sacri ed essenziali a rivelare all’uomo un giorno la sua vera natura e potenziale.
Il loro fine è conservare la tradizione antica senza rivelarla, così lasciando una possibilità all’uomo del futuro di potersi salvare, come evinto anche dal mistico Gershom Scholem rilevando il silenzio cui è relegato il sacerdote israelita durante la liturgia Yom Kippur[1]. Non c’è di che sorprendersi quindi se il maestro dei misteri Manly Palmer Hall apra il presente saggio con l’interpretazione allegorica delle iniziazioni alle scuole misteriche antiche. E se nel farlo, metta subito in chiaro una cosa: “le iniziazioni ai misteri pagani non erano giochi per bambini”[2]. Qual era il senso dell’iniziazione? Perché i sacerdoti pagani chiudevano gli aspiranti iniziati in botti di legno, li gettavano in alto mare e procedevano all’iniziazione solo se i flutti non li avevano inghiottiti? Perché Pitagora poneva al futuro adepto, come prerequisito per accedere alla sua scuola misterica, un previo silenzio quinquennale? Qual era il significato del dio vampiro mezzo uomo e mezzo pipistrello che gli aspiranti iniziati della cultura mesoamericana dovevano affrontare? Perché per accedere ai misteri mitraici bisognava affrontare bestie ferine e animali fantastici? Il rosacroce Hall sapeva bene che la restaurazione spirituale dell’individuo non potesse prescindere da una sua familiarizzazione con il simbolismo esoterico e con il valore della forza interiore e della perseveranza dell’uomo. Sapeva che restaurare la coscienza della divinità insita nel genere umano fosse l’unico fine delle società misteriche, perché finché l’uomo non comprenderà che il “mistero dei misteri” di tutte le ere, scuole e società segrete è sempre e solo stato lui stesso, la sua dimensione interiore non potrà avere ascendente alcuno sulle sue possibilità di riaversi dallo stato dormiente in cui versa.
Diviso in tre parti, “Melkizedek and The Mistery of Fire” è un magistrale saggio alchemico sulla rigenerazione dell’anima, sul simbolismo esoterico dell’idolatria del fuoco, coerentemente con l’afflato che caratterizza tutta l’opera di Manly Palmer Hall. La rigenerazione dell’anima è una questione fisiologico-biologica che i saggi di tutte le età sapevano essere il supremo arcano dell’uomo. Le verità spirituali non vanno infatti cercate nell’invisibile, esse sono sotto gli occhi di tutti e non le sappiamo riconoscere perché nascoste da simboli e allegorie “quando la razza umana comprenderà a decifrare il linguaggio del simbolismo e dell’allegoria, un gran velo cadrà da davanti ai suoi occhi.[3]” Il padre della psicologia analitica, Carl Gustav Jung, nutriva profonda ammirazione per l’opera di Hall, tant’è che in età ormai avanzata volò dalla Svizzera a Los Angeles per incontrarlo, visitarne la biblioteca (sembra che lo scritto in esame sia stato rivelatore per Jung ai fini delle sue ricerche sull’inconscio) e al suo ritorno in Europa, scrisse alla fondazione di Hall, la PRS-Philosophical Research Society[4], richiedendo l’invio di ogni scritto alchemico in loro possesso. Jung, poco prima di morire, rifiutò di recarsi a Roma per evitare lo shock derivante dall’impatto con il simbolismo esoterico che caratterizza le arti nostrane (svenne mentre acquistava il biglietto del treno e interpretò l’evento come un presagio[5]), ed è noto ritenesse essere una reincarnazione dell’alchimista Zosimo di Panopoli[6]. Anche perciò, sapeva l’importanza per la cultura occidentale – che al tempo s’avvicinava pericolosamente al precipizio sull’abisso del paradigma tecno-scientifico – che la riviviscenza dell’antico sapere esoterico-misterico aveva nel percorso di restaurazione spirituale dell’uomo.
E il mistero del fuoco dell’alchimista Melkizedek, gioca un ruolo essenziale in tale processo perché esso era (ed è) la chiave della natura dell’uomo “Da quando le gerarchie discesero per la prima volta sull’isola sacra della calotta polare, si decretò che il fuoco fosse il simbolo supremo nella natura: il sole era considerato un gran fuoco nell’universo e nella sfera ardente del sole albergavano spiriti misteriosi, che dominavano il fuoco in onore a questa grande luce e accendevano fuochi sugli altari d’innumerevoli nazioni.”[7]
Il fuoco è la divinità universale e il suo senso simbolico non è comprensibile dall’uomo medio privo di virtù spirituali. “Fire walk with me”, sottotitolo di “Twin Peaks” [8], prequel della serie TV girata del regista David Lynch, ha ravvivato tramite il cinema il senso della “fiamma ardente”, che troviamo tuttora in moltissima simbologia contemporanea, dalla torcia della statua delle presunte libertà, al logo del cosiddetto partito conservatore italiano. Quella fiamma ardente è il fuoco astrale che costituisce la nostra anima, lo “Tselem” della mistica ebraica e la cui raffigurazione ne custodisce il senso simbolico, come fa l’idea del sangue nei misteri dell’antico Egitto, del fegato nella parabola di Cristo o del fuoco (e anche del fegato) nel mito di Prometeo, “Il veicolo dell’energia solare, il fuoco divino che portò agli uomini è essenza mistica nella sua naturalezza, che gli uomini devono rigenerare e redimere se vogliono liberarsi dalle bassezze della loro natura fisica.”[9] Merita almeno superficiale esegesi il concetto della tripla manifestazione del sole (allegoria che noi cristiani ritroviamo nell’idea di Santissima di Trinità nda) e dei suoi due profili invisibili. “In accordo alla filosofia occulta, il sole è un astro di tripla manifestazione, essendo invisibili due parti della sua natura. Il globo che vediamo è meramente il corpo del Demiurgo (Jehova per i giudei, Shiva per i brahmanici).
La luce partecipa tanto alla vita quanto all’azione, è la sfera d’unione… [10]”
Il senso simbolico del triangolo equilatero (come delle piramidi) è per Hall quello di rappresentare le tre fasi di manifestazione del sole: la volontà ossia il principio della vita, la saggezza che è il principio della luce e l’azione – che Hall chiama anche frizione – e rappresenta il principio del calore. “La volontà creò cieli e vita eterna continua nella suprema esistenza, l’azione, la frizione, crearono la terra, e l’universo fisico passò gradualmente da uno stato di fusione alla sua condizione attuale… tra i due c’era però un gran vuoto, perché Dio non comprendeva la Natura e la Natura non comprendeva Dio[11].” Al riguardo, è interessante notare che il cabalista Moshe Idel, sulla scia di precedenti elucubrazioni di Gershom Scholem e Isaiah Tishby, supponga che tale imperfezione fosse ascrivibile alla preesistenza del Male rispetto a Dio[12]. Per colmare questa mancanza di comunicazione tra le due sfere, Dio creò quindi l’intelligenza, che è simbolizzata dalla luce, sintesi androgina della creazione, perché, nota Hall, “mentre la vita e l’azione erano semplici sostanze, la luce era un composto, perché la parte invisibile della luce era la natura del cielo, e quella visibile, era la natura della terra… con le età, la luce si corporizzò, quindi i corpi testimoniano questa luce, la grande verità spirituale è che dentro ogni mente in cui nasce l’intelligenza alberga uno spirito che assume la natura di questa intelligenza[13].” La luce, come testimoniato dalle tre fasi del sole, non è solo un elemento fisico, bensì anche mentale e spirituale, perciò s’insegnava agli adepti a riverire il sole invisibile, “perché ogni cosa visibile è effetto dell’invisibile…[14]”
Luce che Hall usa per accompagnare il lettore verso le stanze dei misteri, introducendolo a uno dei temi più importanti nell’indagine dell’ignoto nella vita dell’uomo: il simbolismo occulto del corpo umano, l’anatomia occulta dell’uomo, come dal titolo di un’altra sua fondamentale opera.[15] E nel farlo, Hall apre la strada all’aspirante iniziato rischiarando il suo percorso con il fuoco sacro che scorre dalla spina dorsale al cervello di ognuno di noi, il segreto che custodisce la leggenda di Kundalini, la dea del fuoco serpentino spinale, di cui non riporteremo intenzionalmente l’illuminante disamina esoterica fatta dall’autore, nella speranza di stimolare i lettori ad avvicinarsi a un’opera così pregna di significati e ispirazione. Il corpo, dice Hall citando Madame Blavatsky, è il polo negativo del polo spirituale cranico, dov’è situata l’ipofisi, il polo negativo tramite cui si sviluppano molte funzioni della nostra coscienza spirituale. Hall dice sia l’organo ”iniziatore” – perché eleva l’aspirante iniziato – avvicinandolo alla ghiandola pineale, il “gancio” tra coscienza, uomo e mondi invisibili della natura. Quando l’arco dell’ipofisi entra in contatto con la ghiandola pineale, è possibile fare esperienza di momenti di chiaroveggenza, seppur sia un processo richiedente diverse incarnazioni prima di permettere all’individuo di far l’esperienza “dell’occhio del ciclope”[16]. L’ipofisi non è solo una “stanza dei misteri”, intesa quale elemento della fisiologia umana sconosciuto alla scienza, essa rappresenta il vero e proprio Adyton dell’eletto, perché è dove alberga “la sabbietta della ghiandola pineale”[17], un altro oscuro mistero per lo scientismo materialista imperante e al cui riguardo, Hall commenta che: “Sia stato provato manchi negli idioti e in coloro i quali difettano di una mente sufficientemente organizzata”[18]. Dovremmo aver quindi compreso che Melkizedek and The Mistery Of Fire sia un trattato sull’occultismo anatomico, sull’allegoria del mito di Kundalini e perciò, un saggio alchemico sulla rigenerazione dell’anima. Con esso, Manly Palmer Hall mira a farci comprendere il bisogno di riconciliazione tra la fiammella che vive in noi, e la grande fiamma divina; anche per ciò, termina lo scritto con il celebre motto di Socrate “Uomo, conosci te stesso”. Prima di farlo, però, svela apertamente il significato allegorico dei misteri inferiori e superiori, spiegando come le allegorie connesse a mondi sotterranei, passaggi tortuosi, prove fisiche, incontri con bestie fantastiche o ferine, siano simboliche della natura inferiore dell’essere umano, quella parte debole di noi che va affrontata affinché gli ideali spirituali dell’iniziato lo portino all’illuminazione, alla verità. Mentre i misteri superiori, spesso simboleggiati dai piani alti di edifici e templi sfarzosi o da sacerdoti o saggi vestiti con abiti sgargianti, simboleggiano il raggiungimento della “luce della filosofia.”[19] Luce che, insegna il grande maestro Hall, va non solo cercata, ma anche mostrata a chi non l’abbia ancora intravista, all’orizzonte della propria salvezza personale.
Marco Montanaro
[1] Gershom Scholem. Il nome di Dio e la Teoria Cabbalistica del Linguaggio. Adelphi. Pagina 18.
[2] Manly Palmer Hall. Melkizedek and the Mistery Of Fire. PRS. Pagina 1.
[3] Ibidem. Pagina 3.
[4] Sito PRS www.prs.org
[5] Erlo Von Waveren. A Row Of Tombs. Jung and Reincarnation. Minuto 29.30 https://www.youtube.com/watch?v=xu4_YSIt5ic
[6] Ibidem. https://www.youtube.com/watch?v=xu4_YSIt5ic
[7] Manly Palmer Hall. Melkizedek and The Mistery Of Fire. Pagina 3.
[8] David Lynch. Twin Peaks. Fire Walk With Me. 1992.
[9] Manly Palmer Hall. Melkizedek and The Mistery Of Fire. Pagina 7.
[10] Ibidem. Pagina 4.
[11] Ibid.
[12] Moshe Idel. Il male primordiale nella Qabbalah. Adelphi.
[13] Manly Palmer Hall. Melkizedek and The Mistery Of Fire. Pagina 8
[14] Ibidem. Pagina 4
[15] Manly Palmer Hall. The Occult Anatomy Of Man. PRS. 1937
[16] Manly Palmer Hall. Melkizedek and the Mistery Of Fire. PRS. Pg. 13.
[17] Ibidem. Pg. 16.
[18] Ibidem. Pg. 16.
[19] Ib. Pg. 17