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SCRIPTA MANENT

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LETTURE SENZA CONFINI


L'UOMO SECONDO SIMENON. L'INDAGINE SULL'ORDINARIO

Publié par Angelo Marcotti sur 15 Octobre 2025, 07:36am

Catégories : #Autori sotto la Lente

Il sentimento dell’umanità

Nei romanzi di Georges Simenon aleggia un’atmosfera di umanità così densa da impregnare ogni pagina, come una chiesa profuma di sacralità o una stalla di bestiame. È una presenza costante, concreta, tangibile.
Questa qualità non deriva da un’intenzione morale o filosofica, ma da un modo di scrivere che nasce più dal sentire che dal pensare. Simenon stesso affermava di “sentire” i suoi romanzi, di lasciarli emergere da una zona profonda della coscienza, dove si mescolano sensazioni, immagini, memorie, e solo in un secondo tempo li conduceva alla forma narrativa.
Lontano dall’intellettualismo di uno scrittore come Jean-Paul Sartre, Simenon praticava un metodo immersivo, quasi istintivo: la sua era un’indagine per immersione totale, come quella del suo alter ego Maigret, che si cala nella vita altrui per comprenderla dall’interno.

Da questa immersione nasce il sentimento di umanità che avvolge il lettore. Un’umanità senza eroismi, senza ideologie, fatta di gesti minimi, di quotidiane prigionie, di piccoli fallimenti. Simenon, viaggiatore instancabile, ha osservato il mondo intero – dai tropici all’Arizona, dalle baraccopoli alle botteghe parigine – ma ovunque ha ritrovato lo stesso enigma: gli uomini, simili tra loro nella loro solitudine.

In ogni latitudine, diceva, gli esseri umani sono immersi nella routine, dominati dai desideri, intrappolati nei rapporti di forza, incapaci di comunicare pienamente. In questa visione, l’umanità non è promessa di libertà ma condizione di noia, che spesso sfocia in una crisi senza soluzione.
Eppure, di fronte a questo fallimento, Simenon mantiene uno sguardo di compassione. È lo sguardo di Maigret, volto «senza sconforto né ribellione, ma segnato da una gravità malinconica» (
Une confidence de Maigret). Una compassione laica, quasi cristiana, che riconosce nell’errore la cifra più autentica dell’uomo.

La gente comune

Non ci sono eroi, nei romanzi di Simenon. Ci sono soltanto uomini e donne comuni. Questa è forse la sua più netta distanza da Balzac, per il quale – come scrisse Baudelaire – “anche i portieri hanno del genio”.
Simenon, invece, abita l’anonimato. A eccezione di Maigret, nessuno dei suoi personaggi è rimasto nella memoria collettiva, non per mancanza di forza narrativa, ma perché egli non li mitizza, non li lascia tornare da un romanzo all’altro, e soprattutto non li dota di alcuna grandezza.

I suoi protagonisti vivono situazioni straordinarie, ma restano uomini ordinari: incapaci di dominare gli eventi, spesso travolti da essi. Questo è, in fondo, il dramma della condizione umana che Simenon racconta con lucidità e pietà.

La sua simpatia va agli umili, agli esclusi, alle donne invisibili come la cameriera Emma de Le Chien jaune, figure marginali ma cariche di una dignità silenziosa, opposte ai notabili corrotti e rispettabili le cui maschere finiscono sempre per cadere.

Ma la “gente comune” può assumere anche un volto collettivo, quello della folla che giudica e condanna. È la folla maldicente dei piccoli centri, pronta a godere delle disgrazie altrui, come nell’opera Il borgomastro di Furnes, dove l’ordine sociale si rivela un meccanismo che punisce chi osa uscire dai ranghi.
In Simenon, dunque, la normalità non è virtù, ma prigione: una gabbia di abitudini che rende impossibile la felicità e inaccettabile la differenza.

La compassione come conoscenza

Attraverso la sua scrittura sobria e penetrante, Simenon compie una delle più profonde indagini sull’uomo del Novecento.
La sua “umanità” non è una categoria morale, ma una percezione sensoriale del mondo, un modo di respirare la vita e restituirla senza giudizio. In questa prospettiva, l’opera di Simenon non è solo un corpus narrativo sterminato, ma un laboratorio etico, un luogo in cui la letteratura diventa specchio della fragilità universale.
Scrivere, per lui, significava riconoscere che tutti, in fondo, siamo uguali di fronte al mistero di vivere.


 


 

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