Lo conosco leggendo Saint-John Perse: ha il bagliore dell’avventuriero. A Pechino come segretario del corpo diplomatico francese dal 1916, Saint-John Perse assiste, nell’estate del ’17, “al collasso cinese, all’effimera restaurazione imperiale della dinastia Manciù e alla successiva liberazione da parte delle armate repubblicane”. Secondo l’agiografia – cioè la biografia che il poeta detta nel tomo delle Œuvres complètes edito per la ‘Pléiade’ Gallimard, nel 1972 – “s’impegna personalmente nel salvataggio della famiglia presidenziale”.
Oltre a far pratica di controspionaggio e a scrivere Anabasi, il capolavoro, in un tempio taoista diroccato, “a un giorno di cavallo da Pechino” (come vuole la leggenda), Saint-John Perse viaggia. L’escursione più importante la compie nel maggio del 1920, da Pechino a Urga, l’attuale Ulan Bator, in Mongolia, all’epoca “la città dei Lama”. Il viaggio dura dieci giorni, passati per lo più attraverso “le maestose distese delle pianure desertiche del Gobi”, si svolge in macchina, su una Buick, a tratti a cavallo.
Del viaggio, “tra amici”, possediamo delle Notes sur mon voyage en Mongolie Orientale, redatte da Jean-Augustin Bussière, medico della legazione francese in Cina. Insieme a Saint-John Perse – censito con il suo nome d’anagrafe, Alexis Léger – e a Henri Picard-Destelan, direttore generale delle comunicazioni cinesi per la Francia, spicca l’artefice della spedizione, Gustave-Charles Toussaint. È lui a essere stato contattato dal poeta e ad aver organizzato la gita in Mongolia. A quell’epoca, Toussaint ha 51 anni e un sontuoso pedigree da esploratore per diletto. Nato a Rennes, carriera da magistrato, a 24 anni è sostituto procuratore in Nuova Caledonia; due anni dopo occupa lo stesso incarico a Pondicherry, colonia francese in India; nel 1897 è ad Atananarivo, in Madagascar, allora protettorato francese.
Dal 1903 i suoi interessi si spostano ad Est: effettua lunghi viaggi, spesso in solitaria, in Kirghizistan, Cina e Mongolia. Nel 1907 esplora il Ladakh. Nel 1911 compie l’escursione decisiva, in Tibet: tra le segrete di un monastero di Litang, quattromila metri di altitudine, scopre un manoscritto del XIV secolo, il Padma Thang Ying, che raccoglie, in 380 fogli e 34mila versi, gli insegnamenti esoterici di Padmasambhava, il maestro che ha diffuso il buddhismo in Tibet, venerato come Guru Rinpoche, vissuto nell’VIII secolo. Alla traduzione del testo Toussaint lavora per vent’anni: i primi esiti escono su alcune riviste specifiche – Bulletin de l’École Française d’Extrême-Orient, Journal Asiatique, Études Asiatiques – tra il 1923 e il 1925; la prima edizione di Le Grand Guru Padmasambhava. Histoire de ses existences esce a Parigi nel 1933: nel frattempo Toussaint è avvocato generale di Indocina, diventa giudice consolare francese in Cina, risiede a Shangai. Conosce perfettamente il mandarino, il sanscrito, il tibetano, il mongolo e il turco; muore pochi anni dopo la sua grande impresa, nell’ottobre del ’38, a Paramé, un borgo sull’oceano, presso Saint-Malo.
Non stupisce l’amicizia con Saint-John Perse: Toussaint nasce poeta. Nel 1891, poco più che ventenne, scrive Stupeur, raccolta intrisa di spleen e di malizioso esotismo, dedicata A la Mémoire éternelle et sacrée du Poète Edgar Allan Poe; il testo è pubblicato dalla Librairie Léon Vanier di Parigi, l’editore di Paul Verlaine, Jules Laforgue, Arthur Rimbaud e Tristan Corbière. Resterà poeta sempre, Toussaint, tramutando, semmai, l’invito lirico in azzardo al viaggio: in Madagascar diventa amico di Jean Paulhan (che laggiù insegnava francese), futuro direttore della “NRF”; profondo sarà il sodalizio con Victor Segalen: i due si incontrano a Shangai nel 1917, influenzandosi reciprocamente. Toussaint lavora alla traduzione del poema di Padmasambhava, che affascina Segalen – se ne vedono tracce in Thibet – il quale, già autore del magnetico Stèles, offre all’orientalista alcuni suggerimenti, per così dire, poetici.
La stima di Saint-John Perse nei riguardi del giurista vagabondo in Tibet, è testimoniata da una lettera del 29 marzo 1921, raccolta tra le sue opere. “Caro amico, devo andare. Sono desolato di partire senza potervi serrare affettuosamente le mani. Lascio la Cina senza speranza di tornarvi. Non dobbiamo acclimatarci in nessun luogo, tanto meno in Asia. Siamo uomini d’Occidente, non certo fumatori d’oppio. Ho sempre una sella nel mio bagaglio, e una bussola da marinaio”: così, con enfasi, attacca la lettera. Tra l’altro, accenna al lungo viaggio che lo porterà in Giappone, in Oceania, negli Stati Uniti. “Il tuo Padma Sambava ha ballato abbastanza a lungo la sua danza tra i teschi, nei terrazzi d’agata del Gobi: ora ho bisogno della tavolozza nuda dell’oceano”. ll viaggio in Mongolia si era prolungato per 2900 chilometri, percorsi in undici giorni. Il poeta elegge Toussaint “grande Sciamano”, cher grand Chaman: “è necessario, te lo chiedo, che pubblichi i versi di Gustave-Charles Toussaint”. Non si vedranno – come è lecito tra uomini al di là dell’uomo – mai più. Toussaint obbedisce alla richiesta dell’amico, con i suoi tempi: nel 1935 pubblica la sua estrema raccolta di poesie, Miroirs de goules, per Paillard. Anche lì, il Tibet trabocca.
Da “Le Padma Than Yig”
Questo Buddha non ha rivali,
signore senza pari nell’universo delle Tre Ere,
celebre nell’incarnazione che sorpassa precetti vittoriosi,
pari alla Gemma del Desiderio dalle qualità senza difetti.
Per risolvere i fini necessari alla totalità degli esseri,
delle sue azioni il numero è inconcepibile,
dopo essersi prodigato sulla terra, ritorna nello Spirito futuro.
A Colui per cui il Cielo d’occidente si dispone in Loto
che si delizia giocando con scacchiere d’oro
e cerca e non trova il nome estinto di Meru.
Sviluppando le foglie annuali dell’albero della Bodhi,
cerca e non trova i nomi estinti degli alberi e dei boschi.
Immergendosi nell’ottuplice eccellente Gange dell’estasi
cerca e non trova i nomi estinti dei fiumi.
Infiamma l’arcobaleno della saggezza estrema
cerca e non trova i nomi estinti del fuoco.
Possedendo fragranza di incenso purissimo
cerca e non trova i nomi estinti dei venti.
Assorbendo ogni cosa, senza sprofondare nei penetrali della Legge
cerca e non trova i nomi estinti dei cieli apparenti.
Mostrando la stella chiara del sapere ai gradi dell’Abisso,
cerca e non trova i nomi estinti del sole e della luna.
Raggiante sull’arcobaleno della vittoria,
cerca e non trova i nomi estinti del giorno e della notte.
Governando sul regno delle luci e della salvezza
cerca e non trova i nomi estinti dei re e dei ministri.
Avendo fatto di sé l’indistinto
cerca e non trova gli estinti nomi delle divisioni.
Soddisfatto dal cibo essenziale dell’estasi
cerca e non trova il nome estinto dei cibi esiziali.
Abbeverato del nettare del suo pensiero
cerca e non trova il nome confuso della sete inessenziale.
Indossando la veste della pura obbedienza
cerca e non trova il nome estinto delle vesti comuni.
Miracolosamente nel loto della nascita
cerca e non trova il nome estinto delle altre vite.
Potente nella vita esatta del beato
cerca e non trova il nome estinto del declino e della vecchiaia.
Stabilito nel paese privo di nascita e morte
cerca e non trova il nome estinto della morte e della nascita.
Nel cielo sublime dei Buddha delle Tre Ere
concentrato nell’Illuminazione
cerca e non trova il nome estinto di felicità e miseria.
*
Tibetano
Quando sei nato tra le piaghe di montagne innevate,
quindicimila piedi sopra le pianure,
trecento re bianchi, più antichi di ogni lignaggio
custodivano gli orizzonti intorno a te.
Cuore sereno con i pastori di yak,
cuore serrato sopra gli orridi perduti,
cresci tra bivi e abissi
tra valanghe e tempeste,
escluso dal volo delle aquile
dal galoppo degli emioni.
Miri il tuo vago splendore
nello smeraldo del torrente
che a valle chiamano Indo
quello varcato da Alessandro.
Pelle di lince sulle spalle
benda improvvisa al collo
sulla fronte il fiore pallido, turchese
della roccia arcimillenaria.
Istinto forgiato
dai kashmiri, meraviglia!
Papavero che spicca sui campi
cardo blu sulle scarpate!
Il chörten illumina gli occhi
guida la tua corsa:
di sera, al di là di tutto,
sorge bloccando la via
stende le braccia, un cadavere
spettro nero della morte.
Poi trovi le dure rose
la pietra dipinta sulla soglia
e come se potessero mutare
il corso freddo del tuo destino
ti hanno sedotto con le loro promesse
drappi di preghiere al vento.
Hai selezionato i frutti
che deponiamo sul terrazzo,
per i Protettori della tua razza
a cui donare le offerte perfette.
Sei a Himis per adorare
Dolma la Verde nel suo tempio,
da solo, scintilli e fissi
i mostri votivi, appesi.
Hai contemplato tremando
le Facce fatali che volano
quando ti hanno imposto
una regesto di precetti potenti.
Temevi gli incantesimi
il sesso nudo delle figure
mentre urlano per il farmaco
i cembali dei negromanti.
Hai visto il bardo
che scandisce gesti arcani
il Lama ti benedice
con sorriso serrato.
L’amore confuso col lutto –
al confronto con la miseria umana
non sei che il fratello
di questi mortali dallo sguardo grigio.
Tremi – per rafforzarti
ti stringi alla pietra
il sogno erra e si raffina
ti elegge ai ghiacci celesti.
Il vuoto della natura
ti aprirà l’arcano belando:
nulla ha senso né dura
se non la scienza del nulla,
O Tibetano!
Gustave-Charles Toussaint
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