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SCRIPTA MANENT

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LETTURE SENZA CONFINI


IL VATE E LE DONNE: LITIGI, ADULTERI E CONDANNE

Publié le 17 Octobre 2023, 18:11pm

Catégories : #Autori sotto la Lente

Donne, donne, la grande passione. Il leggendario rapporto di D’Annunzio con le donne è argomento complesso perché rientra non solo nelle particolari doti seduttive di un uomo intelligente e affascinante, ma anche nella nuova sensibilità prodotta dal clima culturale di fine ‘800.

Un mondo che vive del fascino oscuro di donne, frivole e fragili quelle che la Belle Epoque, attraverso il ritmo leggero dei cafè-chantant, ha consegnato al mondo. Un mondo che ruota intorno al tema della superiorità della donna, saranno proprio questi gli anni in cui nasce la questione femminile, e che parla quindi della fragilità dell’uomo: l’impotenza che l’uomo avverte, di fronte agli eventi storici e politici, che si traduce in perdita di volontà e di determinazione e nel lasciarsi così trasportare verso un turbinio di sensualità e di distruzione.

Per D’Annunzio infatti, l’amore, la seduzione non è un esercizio da letteratura ma vita, devozione, consacrazione, che porta la donna a sentirsi innalzata, unica e prescelta, al di sopra di ogni altra creatura. « L’amante più meraviglioso del nostro tempo è Gabriele D’Annunzio. […] D’Annunzio era un così grande amante che poteva trasformare la donna più ordinaria e darle per un momento l’apparenza di un essere celeste». È questa la testimonianza di Isadora Duncan, la ballerina americana più raffinata e sensuale del ‘900. Le donne sono per D’Annunzio un’ossessione, ne sente il bisogno come dell’aria che respira; egli giustifica questa sua esigenza attribuendola alla « impossibilità alla rinuncia» e alla sua « avidità di predare».

Le donne sono necessarie alla sua creatività, alla sua curiosità e alla sua continua “ fame di conoscenza”. Nessuna donna è stata capace di resistergli, forse Isadora Duncan, forse la pittrice polacca Tamara di Lempicka; ma per quelle poche che rifiutarono le sue avances c’è un interminabile elenco, mai totalmente conosciuto, di donne che sono rimaste sedotte dal suo fascino ammaliatore. Il suo potere seduttivo era forse legato all’abilità della sua parola, alla capacità persuasiva del tono della sua voce che aveva, sullo spirito e sulla volontà femminile, lo stesso potere dell’oppio e della cocaina: «[…] Sembra che la sua voce vi domini e distrugga in voi ogni volontà col potere di una forza sconosciuta. Esistono parole più brucianti delle più brucianti carezze … Egli le conosce. Esistono carezze più immateriali delle parole più soavi … Anche queste egli le conosce. Le donne rimanevano soggiogate da questa raffinata sensibilità, quasi femminile, fatta di gesti, di atmosfere, di evocazioni, di segrete carezze non solo al corpo ma forse soprattutto all’anima: « E poi il ricordo di un bacio: un bacio nel cavo dei ginocchi, […] era lì che bevevi come un’ape, in una carezza che mi fece gemere di letizia». D’Annunzio era capace di elevare l’animo delle donne a una felicità estrema ma anche di abbassarle a una cupa sofferenza. Esaltante fu il suo rapporto con Barbara Leoni, una passione irresistibile, una divampante febbre erotica.

Era il 2 aprile 1887 quando la vide per la prima volta: inizia così la storia più lunga e forse più coinvolgente della vita del poeta. Bella e provocante, dotata di particolare sensibilità artistica, Barbara sarà la protagonista e la musa indiscussa per il Vate che trasfigurerà quella storia d’amore e di passione, nelle romanzesche pagine del “ Trionfo della morte”. Gli incontri, di furiosa passione, si consumano fra Roma e San Vito, dove gli amanti vivono una storia avventurosa e palpitante: «[…] Ho qui tra le mie mani i lenzuoli bianchi dove ho dormito l’ultima volta abbracciata a te. Sono turbata dalla passione, dal desiderio, oh! Se tu fossi uno spirito e potessi volare in questa sera tutta azzurra e tiepida che mi accora!».

Ma fu anche capace di far provare alle donne abissi di sofferenza come a Giuseppina Mancini, moglie del conte Lorenzo, con la quale visse una breve ma intensa storia nell’eccesso della voluttà con incontri clandestini, furiose liti e scenate di gelosia che la portarono, in preda a sconvolgenti sensi di colpa, allo squilibrio mentale. Altre, come Alessandra di Rudinì Starabba, entrata nei “ labirinti dei fascini” del poeta a 27 anni, vedova con due figli, statuaria, irrequieta, trasgressiva: un’amazzone, come la definiva D’Annunzio, visse una storia d’amore libera ed esaltante.

Sui colli di Firenze come in una corte rinascimentale fra levrieri e cavalli galoppando nel « profumo dell’aria, tra la vita vibrante dei campi alla corsa e alla gioia». Finirà la sua vita, ormai sfiorita nella bellezza e logorata nel corpo per l’uso della morfina e per i tanti interventi chirurgici, nel chiuso del convento delle Carmelitane col nome di suor Maria di Gesù. Anche con Maria Hardouin di Gallese era stata follia e passione irrefrenabile fatta di infiammate lettere, e folli regali che lo aveva portato a soli venti anni a una fuga d’amore e al conseguente matrimonio riparatore. Un rapporto che gli diede tre figli ma complicato e doloroso per Maria, vissuto tra laceranti sospetti e continui tradimenti, non ultimo quello con la duchessa Natalia, sua madre. Un rapporto che solo verso l’età adulta si distenderà in un civile e sereno dialogo. Ma se come marito e amante, D’Annunzio fu infedele e inaffidabile, come padre è stato tenero e disponibile seguendo i figli con attenzione nel loro percorso di vita e di studi. Lo fu anche con Renata, la figlia prediletta, da lui chiamata amorevolmente Cicciuzza, nata dalla relazione con Maria Gravina. D’Annunzio conosce la nobildonna siciliana, sposata Anguissola, nell’estate 1891. La relazione con Maria fu tormentata e piena di conseguenze legali, gli costò infatti, una umiliante condanna a 5 mesi di reclusione per adulterio. La passione tra il poeta e la sensuale contessa finirà, come spesso avveniva fra menzogne, ricatti e volgari inganni.

Era infatti, già iniziato “ l’incantesimo solare” quello con Eleonora Duse, la donna senza dubbio più importante della vita del poeta. L’incontro fra la Duse e D’Annunzio, magico e teatrale, avviene fra le quinte del Canal Grande, nel 1894, Eleonora ha 36 anni, D’Annunzio cinque meno. Il loro sarà un rapporto di vita e d’arte, Eleonora è la più grande attrice del momento, la Divina, l’unica artista capace, a furor di critica, di mettere sulla scena il “ respiro dell’anima” e le “ contraddizioni dei sentimenti”. Esile, fragile, segnata nel corpo da una malattia debilitante, inonderà D’Annunzio con la sua passione e la sua generosità. Sarà lei infatti, a portare sulle scene e al successo i testi del poeta che, senza le sue straordinarie interpretazioni, non avrebbero mai vissuto un circuito di successi così mondiale.

Sarà lei, anche dopo la morte, la presenza vigile e amorevole della sua vita, la “ testimone velata” dei suoi studi, dei suoi più intimi segreti. Una continua ricerca emotiva e creativa quella di D’Annunzio con le donne, testimoniata tra l’altro da migliaia di lettere, un patrimonio vivo e palpitante di una vita d’arte e d’amore. Fra tutte però quelle che iniziano con « Cara cara cara mamma» restano le più vere e le più struggenti. È questo infatti, l’incipit delle lettere che D’Annunzio scrive alla madre. È il cuore di Luisa D’Annunzio che il poeta cerca è li trova la culla più amorevole, il luogo più dolce dove fermarsi. La comunione con lei è quasi mistica, il suo amore è totale, incondizionato: è lei la donna che il poeta ha cercato in tutte le altre perché per Donna Luisa, e solo per lei , « Gabbriele» è un dono miracoloso del cielo..

( Fonte: https://madrasi.xoom.it/vate/VATE117bis.htm)

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