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SCRIPTA MANENT

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LETTURE SENZA CONFINI


DIO E' RICCO E TU LO PUOI DIVENTARE: IL CULTO CHE HA RISCRITTO L'AMERICA

Publié par Violetta Bellocchio sur 16 Mai 2025, 08:20am

Catégories : #Società

Nel cuore dell’evangelicalismo americano si è insediata una teologia che predica ricchezza e dominio, mentre plasma generazioni incapaci di uscirne indenni. Il trauma religioso che ne deriva è sottovalutato, e i fuoriusciti raramente trovano voce o ascolto.

Fonte: Dio è ricco e tu lo puoi diventare: il culto che ha riscritto l’America - L'INDISCRETO

di Violetta Bellocchio

Prendi Daniel, ad esempio. Sulla carta poteva funzionare, Pluri-divorziato, ex alcolista, appassionato di gialli, niente figli solo cani, un corredo di tessuto cicatriziale opposto e sovrapponibile al mio, e, cosa molto importante, nella sua vecchia parrocchia tenevano una riproduzione in vetroresina dello spadone di Braveheart, ma si era già tirato fuori lui da quel rigido cono di religiosità evangelical christian (diramazione guerra santa subito) compiendo per conto proprio il lavoro della de-radicalizzazione sul piano spirituale prima che politico. Il mio interesse nei suoi confronti era accademico, carnale, a tratti, perché se non speri di dare mezza botta al testimone è il tuo comportamento ad essere disonorevole, e per certi versi ero stata sedotta sul piano narrativo dal mondo di tenebra che l’aveva generato, e poi, ehi, salvarlo non era nemmeno responsabilità mia. Si era già tolto lui da una setta.

Ma i campanelli d’allarme, nell’accezione più materiale del termine, stavano tutti in bella evidenza fin dal primo giorno: pronomi in bio (e fin lì), segno zodiacale in bio, tipo di cane in bio, giuramento di fedeltà a un particolare volto della politica progressista in bio, e via, e via. Daniel aveva sostituito una dottrina identitaria alla precedente, un kit di credenze e un kit di pecette con la frammentazione in parole-chiave del momento. Sarebbe stata buona norma chiedersi quanti anni avesse, sotto sotto, ma le settimane dopo un tentato colpo di Stato erano un periodo adrenalinico un po’ per tutti, e della nostra amicizia – breve – mi resta la traccia luminosa dell’aver capito come mai in tanti non superano davvero mai un certo livello di trauma religioso.

L’ultima frase che gli ho sentito dire prima di chiudere la porta era una battuta di spirito: “essere un ex evangelico negli Stati Uniti è come essere scappato da un serial killer per ritrovarsi in una casa piena zeppa di altri serial killer”.

Il prosperity gospel – la cosiddetta teologia dell’abbondanza – è una mezza eresia maturata in ambito evangelical Christian nella seconda metà del secolo scorso. In sintesi: chi è ricco merita di essere ricco; non solo il cristiano evangelico ricco non deve giustificarsi, nascondere o sminuire la propria ricchezza materiale, ma è anche sollevato dal doversi adoperare per aiutare il prossimo.

È faticoso studiare questi argomenti non perché la fede sia un mistero (ci arriviamo tra poco) ma perché c’è pochissimo da capire. Riducendolo a una stringa di codice, il codice sarebbe questo: Un giorno uno ti dice che se preghi diventi ricco, e tu lo fai, poi tutti i tuoi amici stanno lì, allora tu non smetti di pregare per diventare ricco. Sì, è una religione da piazzisti di piastrelle, assolutamente, per l’evoluzione che ha avuto. Sì, gli evangelici sono cretini. Non valorizzano l’intelligenza se non è veicolata ad accumulare denaro o a scovare un modo per comandare gli altri, non valorizzano i buoni risultati a scuola o la brillantezza in ambiti potenzialmente scomodi – nei fatti, puntano a creare un mondo alternativo dotato di un feedback loop dove più tempo ci passi dentro più diventi stupido.

Come ogni buona eresia, la predicazione aderente alla teologia dell’abbondanza la giustifica con interpretazioni di Bibbia e Vangeli campate per aria. Sempre gli stessi passaggi, piegati a dire “Dio ti promette benessere materiale”, con un notevole scatto in avanti rispetto alla teologia Calvinista (la teoria della predestinazione dice “lavora sodo per cercare dentro di te i segni della benevolenza di Dio”, non dice “se sei povero Dio ti odia”). Il cuore originale della predicazione che conosciamo oggi nasce in ambito cristiano Pentecostale a metà del Ventesimo secolo. Il che, al limite, ci poteva anche stare. Avevano avuto poco e predicavano “l’abbondanza” come premio concreto. Lo scatto ulteriore è arrivato nella seconda metà del Ventesimo secolo, quando milioni di cittadini americani bianchi in precedenza residenti negli stati del Sud e del Midwest si spostarono (di solito per opportunità di lavoro) in luoghi come l’Arizona e la California meridionale, dando una nuova forma al paesaggio secondo la loro visione religiosa. Secondo Brad Onishi, in una prospettiva storica e dottrinale, l’esplosione di questa diramazione Evangelica è stata “un puro distillato di Cristianesimo bianco, mescolato con un veemente nazionalismo, un approccio libertarian all’economia e un marcatissimo anti-comunismo che sfociava nella mania complottista”. (Quest’ultimo era un cardine dello “stile paranoide nella politica americana” ben discusso da Richard Hofstadter.) Le opportunità di lavoro quali erano? L’industria aerospaziale, gli uffici. Chi andava ad abitare per lavoro in California provava il desiderio di non mischiarsi con il nuovo ambiente traslocando per lavoro in un pezzetto di mondo emerso considerato socialmente progressista, la culla del “mondo dello spettacolo” e delle tentazioni rilassate. Erano nel mondo ma non appartenevano al mondo. Portavano avanti un filo settario per cui il vangelo dell’abbondanza era un altro modo di rimarcare la propria superiorità, il non volersi contaminare con una terra inferiore e ostile.

Una delle molte chiese su cui Brad Onishi si sofferma nel saggio Preparing for War (Broadleaf Books, 2023) era Rose Drive, fondata nel secolo scorso come una congregazione cristiana pacifista, affiliata ai Quaccheri, ma virata tutto sommato presto verso posizioni evangeliche, militariste e nettamente schierate a favore dei residenti ricchi. Nel suo lavoro (che comprende il saggio citato, ma anche numerosi podcast di successo, tra cui Straight White American Jesus), Onishi ricostruisce la storia della diramazione di cui ha fatto parte entrandoci di propria spontanea volontà durante la terza media, attirato anche dalla maniera disinvolta con cui quella diramazione apriva le braccia ai giovanissimi non credenti (che nei gruppi trovavano attività extra-scolastiche sempre nuove e sempre nuove buone ragioni per passare del tempo fuori casa). Onishi ammette di essersi mosso con lo zelo del convertito per il resto della sua adolescenza, arrivando a farsi strada in fretta dentro quel micro-cosmo, elevato nei ranghi come pastore responsabile di un gruppo giovanile che contava duecento ragazzini, e poi rappresentante modello della nuova generazione di leader: era stato elevato perché allievo-modello e un esempio di successo, da studentello indisciplinato a maschio ideale, ma quando è arrivato a mettersi in discussione, rinunciando al suo ruolo gerarchico e all’appartenenza alla chiesa, lo ha fatto da cima a fondo, per arrivare a raccontare nei dettagli i campanelli d’allarme che aveva ignorato lui: durante le lunghe sessioni di preghiera con i componenti senior della sua chiesa, “non abbiamo mai pregato per altruismo disinteressato, mai detto una preghiera perché un conflitto arrivasse al termine, ma non abbiamo mai pregato neppure per la pace in generale.”

Per cosa si pregava, a Rose Drive e dintorni? Si pregava sempre e solo per i soldi. Quindi chi è povero se l’era cercata, anzi, si meritava la povertà come si meritava la marginalità e la malattia fisica, perché non aveva pregato abbastanza, non era stato abbastanza devoto. (La stessa forma di pseudo-pensiero tossico che anima alcuni gruppi non cristiani, dalle sette basate sulla pratica dello yoga come veicolo di purificazione alle sette basate sul culto di questa o quella falsa scienza, tutti fenomeni ben documentati negli anni dal trio di Conspirituality.)

La religione cristiana evangelica via via è diventata molto più simile a una setta che a una branca del Protestantesimo, in nome di quello che predica, del comportamento imposto agli adepti tramite pressione sociale, e dell’ontologia (aiuto): tu non li distingui perché non hanno i marcatori visibili degli adepti settari – abitano in case o appartamenti qualunque, si vestono “come tutti” – però moltissimi non ne vengono mai fuori, passano una vita intera sprangati dentro la loro bolla. Gli evangelici duri vivono nel mondo, però non appartengono al mondo, a volte educano i bambini a casa (homeschooling significa questo) e a volte l’unica istruzione accettabile è il mandarli in scuole private affiliate alla Chiesa (come, a volte, l’obiettivo politico è imporre modifiche ai curriculum delle scuole pubbliche); ma dopo il diploma delle superiori esistono università private solo per loro, università scadenti che rilasciano certificati di laurea privi di alcun valore nel mondo del lavoro reale (a meno che non ti assuma un correligionario), in maniera tale che né i ragazzi né, a ben guardare, gli adulti debbano mai mettere in discussione quello che pensano di sapere e non abbiano i mezzi intellettuali né emotivi anche solo per farsi degli amici al di fuori della cerchia. Il consumo di media – musica, film, serie TV – che non siano già calibrati e allineati a quello in cui credono loro è severamente mal visto quando non vietato. (Infatti nascono star system paralleli, e sempre più apocalittici, dagli attori che ottengono fama e denaro specializzandosi in exploitation cristiana – e qui ci vorrebbe un saggio a parte – ai musicisti rock che diventano idoli nel circuito.)

Brad Onishi si è chiamato fuori perché è andato a Oxford per un Master in Teologia – con il permesso della sua vecchia chiesa, che forse vedeva in un titolo di studio prestigioso un’occasione per brillare di luce riflessa – e soltanto lì, in un contesto dove si studiava seriamente, ha cominciato a maturare il dubbio sulla dottrina,, sul proprio autentico livello di soddisfazione spirituale, e gli strumenti per arrivare, un giorno, a raccontarlo.

 

Perché, se sarebbero “milioni” ad aver lasciato queste chiese, sono pochissimi a parlarne?

Perché l’ex evangelico medio è tanto se sta in piedi, ecco perché. Per chi se n’è andato da questa orbita – e spesso lo ha fatto tagliando i ponti con amici e familiari, come per chi ha acquisito la lucidità necessaria a uscire da una setta – si può legittimamente parlare di trauma religioso. Ma il loro tipo di formazione li ha minati alla radice nella capacità di fare rete: sono bravissimi a urlare su Internet, e a condividere contenuti di altra gente che urla, raramente riescono a starci dentro quanto basta da produrre un saggio, un libro o un articolo di divulgazione che possa raggiungere un pubblico più ampio. E infatti: il termine “exvangelical” viene popolarizzato come hashtag su Twitter nel 2016, solo che poi gli ex-vangelical stessi, anche se numerosi, non riescono mai a fare massa critica in modo da raggiungere un numero di interlocutori con metodo e costanza. Hanno adottato le tattiche dispersive di troppo “attivismo online”, lo zelo del fandom o dell’anti-fandom.

Ogni tanto una scheggia del loro mondo è talmente brutta, o anche solo dà talmente nell’occhio in un determinato momento, che allora se ne parla sui principali giornali, e ci vengono fuori numerosi film o documentari (sempre se sono schegge facili da raccontare tramite immagini, come i purity ball, i purity rings) ma generalmente se ne parla per smontarli a suon di “guarda un po’ gli stramboidi cosa si sono inventati adesso” – perché sì, sono cose inquietanti da stramboidi ossessionati dalla purezza come concetto: organizzare grandi balli padre/figlia dove il padre giura di sorvegliare sulla verginità della figlia è un gesto bizzarro e morboso se non deviante. (E dopo che fai, la stupri? Cosa si sono inventati gli stramboidi adesso?) C’è sempre stata comunque una certa irritazione nel coprirli perché venivano considerati fenomeni marginali, da poveracci. E lo erano, e lo sono.

E poi.

Da destra non se ne sono occupati, perché il blocco evangelical costituiva un blocco di voti a tratti imbarazzante per la goffaggine di queste baracconate ma sempre molto utile al Partito Repubblicano: queste erano e sono persone che rispondono alla chiamata, e alla fine votano regolarmente chi gli viene detto di votare, con la pioggia o sotto il sole. (Ovvero: se non possono votare per il loro fanatico religioso preferito, votano per chi gli dice di votare il Partito. Lo ha raccontato con puntualità Tim Miller nel libro-memoriale Why We Did It, uno tra i tanti.) Da destra si tollera o si corteggia la mezza eresia se sposta un pacchetto di voti, si abbraccia la diramazione militarizzata se la diramazione ti vota, oltre a minacciare i tuoi avversari. E queste diramazioni sono chiese militarizzate: esiste un alto livello di programmazione all’obbedienza e alla gerarchia, quindi esiste il desiderio e lo zelo nello spostare voti in maniera prevedibile. Quindi ci sta che sul tempo medio-lungo diventi la base. (Hanno anche un’opinione bassissima dei loro stessi confratelli.) Da sinistra, non puoi cercare di farli ragionare mettendo in discussione gentilmente il dogma dell’eresia in cui hanno investito tutto, per quanto sia bello pensare che con un pochino di pazienza e usando gli argomenti giusti – hop – l’incantesimo si scioglierà, perché chi glielo fa fare di avere un dubbio se dall’altra parte dieci, cento compagni di setta gli dicono “prega più forte, i dubbi sono per i poveri”?

C’è anche un’ombra più grande: la società laica o non credente – per tre o quattro decenni anche troppo lunghi – ha accumulato tutti questi fenomeni sotto l’ombrello dei “cristiani matti”, mettendo nello stesso calderone (“i matti”) parecchie realtà sociali e forme di isteria religiosa vicine ma non del tutto sovrapponibili, il revival movement, la predicazione carismatica, la falsa guarigione (leggi: la speranza di essere guariti e l’illusione venduta dal ciarlatano) che andava ottenuta pregando o imponendo le mani. Tutti questi possono essere momenti anche eccitanti a cui assistere, perché puntano sull’adrenalina, su un fervore contagioso e sull’intensità della predicazione: ma doveva essere ovvio che ci fosse una distanza enorme tra lo scandire “a-men” in coro in risposta a un pastore Episcopale e il pregare per la fine del mondo (spoiler). E invece.

Esiste una piccola parte di “mondo laico occidentale” – molto più numeroso online rispetto alla vita quotidiana – che è orgogliosamente atea, e vuoi per spocchia vuoi per fierezza va a mettere sullo stesso identico piano lo spirito di chi si muove nel mondo anche in base alla fede o a una generica morale (adoperandosi a volte per aiutare gli altri, o per fare rete in un luogo fisico dove in tanti hanno poco) e la truffa collettiva del tenere in mano serpenti pregando di diventare ricchi e immortali. Perciò, in base a questa falsa equivalenza, se qualche predicatore trafficone si arricchisce grazie alle donazioni scucite a persone forse marginali o considerate socialmente irrilevanti, come gli anzianii poveri e i provinciali, il tutto viene ancora smaltito con un’alzata di spalle: che peccato, ma peggio per loro che si sono fatti fregare. (Diciamo l’equivalente in lingua inglese della celebre frase pronunciata da Wanna Marchi nel documentario italiano targato Netflix.) Oppure: sì, questi qua sono strambi, ma del resto chi siamo noi per giudicare, se in casa nostra teniamo i cristalli curativi, l’acchiappa-sogni, il talismano con il segno zodiacale e… (segue colorita serie di credenze soft-cult improntate al “pensiero magico” che scopro ogni volta con terrore nelle case degli altri). E quando queste chiese diventano mega-chiese, quando dovrebbe risultare evidente che queste mega-chiese spostano mega-pacchetti di voti, con conseguenze atroci anche per i non credenti o per i credenti di altra fede, che si fa: si piange.

Un’altra ombra. La teologia dell’abbondanza soft è anche semi-presente in tanti imbonitori che offrono consigli per diventare ricchi, e infatti parlano di “prosperità”. Valeva per la famosa “legge dell’attrazione”, ma pure per l’assioma fake it ‘til you make it, che in sé avrebbe persino un senso – fingi di essere bravo e dacci dentro fino a quando bravo non lo diventi davvero – ma spesso si traduce nel genere di pressione diffuso, ad esempio, tra i venditori multi-livello per mostrarsi arricchiti da questi impieghi in maniera da risultare invitanti, convincendo così un maggior numero di persone a comprare i loro prodotti. (Abbondanza!) La paccottiglia del pensiero positivo, che in piccola dose può anche offrire conforto, si va a mangiare un boccone alla volta il pensiero (la cosa del segno zodiacale in bio l’ho già detta?), mentre per ragionare servono tempo e dati, difficili da ottenere.

Prendiamo l’ultimo Religious Landscape Study a cura di Pew Research. Ci è stato spesso raccontato che “la forbice si stava allargando sempre di più” – “la forbice” tra il numero di praticanti e la determinazione dei credenti; a parte che questo dai dati non si vede, se la forbice si è allargata, allora perché i piccoli numeri sono agguerriti? Perché “spingere un hashtag” non è servito a nulla, se non a rendere ancora più arrabbiati e impotenti gli spingitori dell’hashtag. Quindi sì, un ex evangelico potrebbe farvi diventare brevemente pazzi per osmosi, perché vi racconterà le storture e il soffocamento a cui è sfuggito, ma vi offrirà problemi senza soluzioni, perché il suo non è il tipo di formazione spirituale né psicologica che attrezza a cavarsela al di fuori di quel soffocamento, e porta a ricreare ovunque un contesto altrettanto soffocante fatto di amici e nemici, dentro e fuori, alleati e oppositori.

TL DR : quando “una setta” è questione di cinquanta-cento scappati di casa che magari un giorno commettono un bel suicidio collettivo ingerendo veleno per topi nella certezza che le loro anime lasceranno il pianeta a bordo di una cometa di passaggio, allora esiste una ghiotta bibliografia a posteriori, perché per succedere è successo un fatto di cronaca eclatante (l’eresia o lo strambo di turno sono sfociati nel proverbiale bagno di sangue auto-inflitto) ma fino a quel punto – per disinteresse, per non volersi impicciare, per la marginalità di questi gruppetti – il fenomeno può restare poco indagato anche in termini accademici e divulgativi. Si tratta pur sempre di un ridotto numero di persone. Che male vuoi che facciano, se non a loro stessi?

La parte su Israele

I predicatori specialisti in “teologia dell’abbondanza” sono stati i primi leader religiosi a stringersi intorno al candidato Donald Trump nel 2015, durante una riunione che il teologo battista Russell Moore avrebbe poi segnalato come un pericoloso episodio in cui “si allargava il raggio d’azione agli eretici”. Non è chiarissimo chi abbia usato chi, in questo caso, ma resta il fatto che una volta diventato presidente Trump ha spostato l’ambasciata americana a Gerusalemme nel dicembre 2017, quando ha riconosciuto nella città di Gerusalemme la città capitale dello Stato di Israele; Trump ha poi affermato nel 2020 che la scelta era stata fatta “per gli Evangelici”, aggiungendo, con disinvoltura, che erano “gli Evangelici” i più contenti della manovra, “persino più degli ebrei”. La prima presidenza Trump era impaccata di ferventi Evangelici: c’era un Ministro degli Esteri, Mike Pompeo, che parlava di combattere battaglie culturali fino al Giorno del Giudizio, e un vice-presidente Mike Pence sbucato e spinto dalla stessa galassia. Una galassia dove un tassello della dottrina apocalittica è la fede nella fine del mondo imminente. Questo li porta ad amare Israele e negare l’esistenza della Palestina come stato – ma anche “i palestinesi” come popolo non esistono – perché nella loro visione Israele è cruciale in vista della futura fine del mondo (Rapture). E il Rapture, per citare Joshua Rivera su Slate, “non è solo una questione di paura: è una seduzione. È qualcosa per cui sentirsi speciali.”

La storia della fine del mondo non fa parte di un protocollo segreto accessibile solo ai componenti anziani della comunità o a chi abbia superato una serie di prove: questa è dottrina sbandierata attraverso prediche pubbliche, da decine di anni, prediche trasmesse in TV e in streaming (eccone una delle tante), prediche brandite dal pulpito di chiese con migliaia di aderenti a botta ogni domenica. Israele non è importante per finalità geo-politiche e non certo per affinità con “l’ebraismo”, o “il popolo ebraico”. Israele è importante alla luce della fine del mondo imminente; il “ritorno degli ebrei in Israele” comporta il calcio d’avvio a una guerra della durata di sette anni, periodo durante il quale ritornerà Gesù Cristo e si manifesterà l’Anti-Cristo – qui ammetto che sto sempre cercando di guadagnare l’uscita, perché nel minuto esatto in cui arrivano i discorsi sull’apocalisse la persona sana di mente si sposta, ma gli ultimissimi candidati da depositare anche solo vicino a un posto di potere sono, appunto, i fanatici che pregano per la fine del mondo. Tutti elementi, per inciso, che se lo meritavano sì il trattamento alla South Park con scritte luminose in sovra-impressione del tipo “ecco in cosa credono davvero gli evangelici” ogni volta che a uno di questi freak veniva messo davanti mezzo microfono. E invece nel frattempo è arrivato Peter Thiel, che era nato e cresciuto evangelical, a radunare e a finanziare i freak cristiani di ultra-destra, per meglio portare avanti il suo desiderio di diventare Dio ovunque in tempo reale.


Violetta Bellocchio (Milano, 1977) è scrittrice, traduttrice e giornalista. Autrice del memoir di successo Il corpo non dimentica (2014), nel 2019 è stata voce e autrice del podcast Daimon. Con lo pseudonimo Barbara Genova ha pubblicato su diverse riviste online in lingua inglese.

 

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